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Esperienze (traumatiche) precoci


Favorire le condizioni affinché il neonato possa sviluppare un “senso di esistere” è importante per massimizzare la probabilità di uno sviluppo mentale sano. E’ importante che chi si prende cura del neonato, soprattutto nel primo anno di vita, riconosca i suoi bisogni e, attraverso ciò, gli permetta di rimanere ancorato al proprio nucleo costitutivo individuale e alle proprie spinte motivazionali nucleari, determinate, in principio, prevalentemente dal DNA. E’ attraverso il susseguirsi dei cicli di comparsa e successiva soddisfazione del bisogno che il piccolo può sperimentare questo vissuto integrativo, fondamentale per la salute corporea e mentale.

 

Il fatto che chi si prende cura del bambino si accorga, ad esempio, che il bambino sta sentendo fame, freddo, caldo, fastidio, dolore, noia, stanchezza, sonno, e che metta in atto delle azioni per intervenire in senso correttivo, è essenziale affinché egli possa sentirsi riconosciuto, compreso, sentito, visto e, grazie a ciò, possa gradualmente integrare la propria esperienza corporea con il pensiero di sé e dell’altro e sviluppare un senso integrato del Sé: dalle sensazioni corporee e dalle emozioni, alle immagini mentali pre-verbali, fino alla funzione simbolica della parola con cui poter rappresentare le medesime sensazioni ed emozioni, sia proprie che degli altri.

 

Bambini non riconosciuti, non considerati, dimenticati o, peggio, maltrattati, anche grazie ad identificazioni patologiche da parte di chi si prende cura di loro, sono esposti al rischio di uno sviluppo cognitivo alterato, di non sviluppare in modo idoneo le capacità di simbolizzazione, di doversi difendere con meccanismi dissociativi, di vedere pesantemente condizionate le loro relazioni interpersonali. La mancanza di un contesto interpersonale adeguato per lo sviluppo sano del bambino, può alterare in modo profondo le capacità relazionali, minando le possibilità di risuonare emotivamente con l’altro e
minacciando l’attaccamento. E a volte, le esperienze traumatiche precoci agiscono a “scoppio ritardato” e i sintomi, invece che manifestarsi nella primissima infanzia, si presentano a partire dall’adolescenza.

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